lunes, 18 de octubre de 2010

Colección como texto


"In realtà la collezione va prima di tutto letta come un testo che può avere rotture logiche e fratumazioni sintattiche, ma che obbedisce a una logica comunicativa. È una scrittura fatta di oggetti e perciò una scrittura geroglifica. L'osservatore è invitato a percorrere questo alfabeto materiale e comunque è fruitore di questa opera ulteriore che è la collezione, che è naturalmente un'opera mediata, perché l'autore no è faber, ma utilizza artefatti già esistenti.
Il collezionista è stato sempre cosciente di questa sua funzione metalinguistica e qualche volta ha tentato, rimontando da un gradino all'altro, di recuperare la manualità e il livello creativo primario che le è connesso. Ma sono casi isolati, molto più frequenti in passato quando la collezione era prima di tutto un strumento di lavoro e quando, attraverso la manipolazione dei materiali, nelle officine-laboratorio dei collezionisti-scienziati o di principi curiosi come Francesco I de' Medici, si perseguiva un ampliamento delle conoscenze.
Collezionisti molto vicini a quel prototipo perfetto di collezionista che è l'Eduard Fuchs esemplificato da Benjamin nel suo noto saggio, un collezionista-studioso che attraverso la raccolta allarga i propi interessi e modifica il proprio quadro culturale.
Certamente chi colleziona accetta di esprimersi per metafora e in questo senso giustifica il suo appropriarsi di un feticcio, cioè di un oggetto dotato di un grande potere simbolico, tanto da poter sostituire un tutto. Egli è nella condizione infinitamente ambigua di possedere e di essere posseduto nello stesso tempo Può essere come il folle di un villaggio primitivo che scambia il proprio corpo e la propria voce con quella di un animale della foresta. Ma nello stesso tempo detiene l'opera, è artefice del suo destino e autore delle associazioni che può costruire intorno a essa."
Adalgisa Lugli, Il collezionista (1985)

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